La meccanica della McLaren F1

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Parliamo di McLaren: parliamo di un nome noto a tutti gli appassionati dell’automobilismo, parliamo di un nome diventato leggenda. Una vera e propria pietra miliare che affonda le sue origini in Inghilterra, uno dei territori che più ha contribuito alla crescita del motorsport. A Sud-Ovest di Londra, a circa 50 chilometri dal centro della capitale del Regno Unito si sviluppa un piccolo paesino di nome Woking: qui, nel McLaren Technology Centre, tutte le magie vengono progettate e messe a punto.


UN CERTO PEDIGREE

Tutto ebbe inizio quando Bruce McLaren, il figlio del proprietario di una stazione di servizio, dopo i suoi grandi successi conseguiti in Formula 1 con la Cooper Car Company di John Cooper fondò la McLaren Motor. Nonostante il giovane Bruce perse la vita a soli 33 anni a causa di un incidente durante una competizione, il suo nome è sopravvissuto nei decenni grazie al McLaren Racing Team. Bruce McLarenI successi non mancavano; ma alla compagnia inglese mancava qualcosa che potesse farli entrare in competizione con grandi nomi come Ferrari e Lotus: alla fine degli anni ’80 McLaren decise, quindi, di lanciarsi nella produzione di vetture di serie ad alte prestazioni, un segmento fino ad allora sconosciuto per il team del Surrey.

McLaren F1 LMCosì nel 1990 cominciò lo sviluppo di quella vettura che poi, tre anni più tardi, sarebbe stata messa in commercio con il nome di “McLaren F1”; e a capo del team di progettisti scelti per dare vita al mostro fu messo Gordon Murray. Il nome di Murray non era di certo nuovo nel mondo delle quattro ruote: era stato, infatti, progettista e direttore tecnico per la Brabham ed ingegnere per le vetture di Formula 1 prodotte da McLaren.

Le intenzioni della casa inglese erano chiare: la nuova vettura McLaren doveva essere una gran-turismo preparata a percorrere lunghe distanze senza affaticare i passeggeri ma contemporaneamente doveva essere in grado di raggiungere prestazioni mai raggiunte fino ad allora. Doveva essere leggera, agile e divertente ma doveva essere anche lussuosa, ben rifinita e permettere di viaggiare con i bagagli al seguito. Una lista quasi irraggiungibile; ma non per gli ingegneri britannici che avevano a disposizione tutta l’esperienza maturata nel mondo delle competizioni. Tuttavia, sebbene la vettura fosse definita nei suoi punti salienti, mancava ancora un elemento essenziale.


AMICI NEMICI

Già: il motore. Perché storicamente McLaren non ne aveva mai progettato uno in-house. All’interno delle vetture da competizione McLaren venivano montati propulsori di altri costruttori: Chevrolet, Honda, TAG-Porsche e altri ancora. McLaren M7CInutile dire che di certo non si poteva montare un motore da Formula 1 in una vettura stradale: sia per ovvie motivazioni di fruibilità, sia per una questione di affidabilità, sia per ragioni di emissioni che per necessità, non erano adatti. Così, nella ricerca di un powertrain che potesse soddisfare le esigenze della nuova McLaren F1, Ron Dennis e Gordon Murray bussarono a più di qualche porta: dapprima ad Honda, già loro partner in passato. Tuttavia, Honda rifiutò l’offerta di collaborare nella costruzione della McLaren F1; così a Murray non rimase che rivolgersi ad un (quasi) vicino di casa che in fatto di motori stradali ad alte prestazioni ne sapeva a una più del diavolo. Fu deciso che la McLaren F1 avrebbe montato un propulsore con 12 cilindri a V prodotto da BMW: l’unità si sarebbe chiamata “S70/2” e sarebbe derivato dalla rielaborazione di due motori BMW, il motore M70 ed il motore S50.

BMW M70 EngineIl motore M70 è il motore diventato famoso per essere stato il primo V12 ad essere prodotto dalla firma bavarese e montato su auto prestigiose come la BMW 750i e la BMW 850Ci; generoso sotto il profilo della cilindrata e possente sotto il profilo dell’architettura, peccava dal suo canto di alcune finezze tecniche. In particolare, la distribuzione con un singolo albero per ognuna delle bancate ed il rapporto alesaggio/corsa di 1.08:1 lo rendevano un motore concepito più per avere una ricca erogazione di coppia e meno per girare in alto urlando con voce possente.

Il motore S50, al contrario, è un motore nato sin dall’inizio con ben altre velleità: spinto, rabbioso, dall’elevata potenza specifica e con un regime massimo di rotazione di oltre 7.500 giri al minuto, al contrario peccava sotto il profilo della cubatura essendo “solo” (le virgolette sono d’obbligo) un 3.2 da 321 cavalli con architettura a 6 cilindri in linea.


L’UNIONE FA LA FORZA

Dopo un breve consulto con la divisione sportiva “BMW M” si decise di prendere il meglio dei due propulsori sopra enunciati (il BMW S50 e il BMW M70) e prese così vita il motore “BMW S70/2”: McLaren F1 LMun motore 6.1 V12 da 627 cavalli a 7.400 giri al minuto e con una coppia motrice di 650 Newtonmetri, con distribuzione a quattro alberi a camme in testa, alesaggio e corsa rispettivamente di 86 ed 87 millimetri (un motore, quindi, praticamente quadro) ed un sistema molto primitivo di variazione continua di fasatura che ha contribuito, in seguito, a creare la versione di serie del BMW VANOS.

Per arrivare alla forma finale, il basamento del motore BMW M70 fu modificato nell’alesaggio che pareggiò il valore di 86 millimetri corrispondente all’alesaggio originale del motore BMW S50 (di cui fu utilizzata la testata); la cilindrata finale di 6.1 litri fu raggiunta allungando la corsa del pistone fino a 87 millimetri.. La richiesta di precisione nell’erogazione del carburante era talmente elevata che per soddisfare le esigenze di progetto fu necessario montare ben due iniettori per ognuno dei cilindri; e l’accensione era affidata non ad una, non a 2 ma a ben dodici bobine (una per ognuno dei cilindri).


UN OCCHIO ALL’AFFIDABILITÀ

Con un motore così spinto, si potrebbe pensare che il prezzo da pagare per delle prestazioni così estreme sia un’affidabilità disdicevole; e invece non è così, perché uno dei punti fermi che il team di sviluppo si è posto fin dall’inizio è quello di non sovraccaricare il motore di complicazioni inutili (o, comunque, dai vantaggi marginali). McLaren F1 LMCosì, si può notare che il motore è stato deliberatamente privato di un sistema di condotti di aspirazione di lunghezza variabile, non è stato dotato di valvole in titanio e non fu neppure previsto un sensore di battito in testa.

I pistoni sono forgiati in alluminio, mentre le canne sono rivestite con un materiale spesso utilizzato da BMW che prende il nome di Nikasil: il Nikasil è una lega di nichel e di silicio che offre un minor attrito tra le parti in movimento ed una durata maggiore del motore.

Infine, un altro grande fattore che fu tenuto da conto era il calore sviluppato dal motore: essendo la vettura costruita in buona parte utilizzando la fibra di carbonio ed essendo questo materiale assai suscettibile al calore generato dal propulsore, la soluzione proposta da Gordon Murray e poi adottata fu quella di rivestire il vano motore con un pannello di oro. L’oro, infatti, aveva la capacità di riflettere il calore generato dal motore e mantenerlo lontano dalla delicata struttura in fibra di carbonio. È stimato che ognuna delle McLaren F1 prodotte abbia circa 16 grammi di oro nel suo vano motore.


NUMERI DA CAPOGIRO

Alla fine della fiera, il risultato di questo motore fu quello che la McLaren F1 era un vero e proprio missile terra-terra; un razzo con quattro ruote. Il motore finale montato nelle McLaren F1 stradali era ancora più potente, raggiungendo un valore totale di ben 637 cavalli. McLaren F1 volante comandoLe prestazioni erano (e sono tutt’ora) da mani nei capelli: da 0 a 100 in 3.2 secondi, da 0 a 200 in 9.4 secondi e da 0 a 320 in 28 secondi. Sulla velocità massima vi sono sempre stati degli accesi dibattiti: in sesta infatti il limitatore di giri “frenava” l’avanzata della McLaren F1 prima che la vettura esaurisse il suo potenziale. Così numerosi test furono condotti; e, a seconda delle differenti versioni, la velocità massima della F1 è superiore ai 380 chilometri orari.

Inoltre, sebbene la produzione della McLaren F1 sia terminata dal 1998, la casa del Surrey ha fatto in modo che i proprietari di questa supercar possano mantenerla in totale ordine: ogni McLaren F1, infatti, ha un modem integrato che permette al servizio clienti di recuperare in maniera remota le informazioni dalle centraline. Il servizio è completato dalla possibilità di essere raggiunti al volo da un team di meccanici che può rimettere in ordine il veicolo o, in caso di danno severo, di portare la vettura in sede per riparazioni più estese.


E NON FINISCE QUI

Come se i quasi 640 cavalli non fossero un numero convincente, nel 1995 furono prodotti 5 esemplari per celebrare la vittoria della McLaren F1 GTR alla 24 Ore di Le Mans dello stesso anno: McLaren F1 LMla potenza raggiunse il valore di 680 cavalli, con una coppia motrice di picco spaventosa pari a 705 Newtonmetri. Il limitatore di giri fu elevato dai 7.500 giri originari al nuovo valore di 8.500 giri. Inoltre, le McLaren F1 LM sono riconoscibili per la tinta arancione tipicamente McLaren, meglio nota come “Arancione Papaya”: il colore era, infatti, quello storico di Bruce McLaren, fondatore dell’omonimo team e morto tragicamente all’età di 32 anni nel 1970 sul Circuito di Goodwood al volante della sua Can-Am.

La McLaren ha interrotto la produzione della F1 nel 1998; e ci sono voluti oltre 12 anni perché una nuova vettura stradale totalmente concepita da McLaren vedesse la luce. Ma chissà questa volta a chi si è rivolto il team inglese per il motore…

Autore dell'articolo: Paolo Mazzei

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