La prima Papamobile

  • Papamobile Mercedes-Benz 230G
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Non c’è mai stato un veicolo pontificio fino al 1980. Ma durante la sua visita in Germania nel 1980, Giovanni Paolo II invece di essere accompagnato nella solita limousine nera di rappresentanza, utilizzò una Mercedes-Benz 230G, la prima ad assumere il soprannome di “Papamobile”.


SUA SANTITÀ

La vettura era verniciata in color bianco ghiaccio con dettagli dorati. Nella parte posteriore di questo modello speciale è stata inserita una seduta per il Santo Padre.

Papamobile Mercedes-Benz 230G

La seduta era a sua volta installata su un pannello a pavimento continuo sollevato di 40 centimetri e protetto da una cupola alta e trasparente in plexiglass. Ciò consentiva al Papa di rimanere visibile a centinaia di migliaia di persone che, in alcune occasioni, partecipavano agli eventi, sia da seduto e che in piedi. Diverse luci sono state integrate nei lati, sul pavimento e sul tetto della sovrastruttura. Tutto questo per fornire un’illuminazione diretta e indiretta che permettesse al Pontefice di rimanere visibile anche al buio.

È possibile ammirare il veicolo originale della collezione Mercedes-Benz Classic, in esposizione al Mercedes-Benz Museum fino a settembre 2020. Questo in occasione della mostra “G-Schichten”, dedicata ai 40 anni della Mercedes-Benz Classe G. Il museo è attualmente aperto dal venerdì alla domenica, dalle 9:00 alle 18:00. La biglietteria chiude sempre alle 17:00. La mostra nella sala di raccolta 5 racconta la storia della Mercedes-Benz Classe G con undici veicoli e altre mostre.


UN ESEMPLARE DAVVERO UNICO

Mercedes-Benz ha sviluppato e realizzato in modo esclusivo questo veicolo unico per la visita del Papa tra il 15 e il 19 novembre 1980. Inizialmente fu fornito in comodato al Vaticano. Basata su una G a passo lungo, tra gli equipaggiamenti dedicati c’era anche una potente unità di condizionamento automatico dell’aria che garantiva temperature piacevoli all’interno della cupola. Il veicolo è alimentato da un motore a benzina a quattro cilindri che eroga 102 cavalli. Il cambio automatico, un telaio particolarmente confortevole e le sospensioni garantiscono una guida fluida, anche su terreni impegnativi.

La sovrastruttura in plexiglass aveva lo scopo di proteggere il Papa senza ostacolare la visione da parte dei fedeli. Inizialmente fu studiata come un’unità rimovibile. Tuttavia, dopo l’attentato del 1981, il modello G fu convertito e dotato di vetri antiproiettile. Inoltre, fu adattato l’equipaggiamento pontificio della Papamobile alle specifiche di sicurezza aggiornate del Vaticano nel 1983 e di nuovo nel 1985.

Il nuovo veicolo ha dimostrato in modo convincente i suoi punti di forza in ogni terreno, anche su strade non asfaltate. La Papamobile è diventata una vera e propria Star anche grazie alla grande attenzione ricevuta dai media. Con il tempo divenne il simbolo iconico per gli spostamenti di Giovanni Paolo II, accompagnandolo in molte delle sue visite in tutto il mondo.


PAROLA D’ORDINE: ROBUSTEZZA

La G 230 ‘Papamobile’ del 1980 non è l’unica basata sulla Mercedes-Benz Classe G. Un secondo veicolo con caratteristiche esterne quasi identiche esisteva già nel 1982 sulla base della 230 GE, con 125 cavalli.

Papamobile Mercedes-Benz 230G

Questi due fuoristrada potevano essere spesso distinti dalle vecchie fotografie per i loro numeri di targa. Mentre la G 230 di solito aveva la sigla SCV 7, la targa della 230 GE era, invece SCV 6. Nel 1982, Mercedes-Benz consegnò permanentemente entrambi i veicoli al Vaticano. La prima Papamobile, presentata al museo di Stoccarda, è tornata a casa nel 2004 e da allora fa parte della collezione Mercedes-Benz Classic.

Nel novembre 2007, Papa Benedetto XVI ha adottato una G 500 bianca, con un corpo open-top e un parabrezza pieghevole. Nelle udienze in Vaticano, questa Mercedes-Benz Classe G è usata sia come decappottabile che con una sezione trasparente del tetto a prova di intemperie. Questa sezione che si è dimostrata particolarmente utile durante la visita di Papa Francesco in Brasile, nel luglio 2013.

Autore dell'articolo: Diego Morelli

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